Opera 11.0009 Olio su tela – Gennaio 2012 – dim.70×100 cm
La musa. Ogni artista ne ha una, Paola, la compagna di al.to. torna spesso nelle sue opere e questa è una di quelle. La donna, ritratta secondo un’idealizzazione interpretativa, è serenamente accomodata su un divano, forse in attesa di qualcosa, che non ci è svelato ma ci spinge a sentire una serenità che, dall’espressione e dal particolare degli occhi chiusi, ci pone in contatto diretto con lei. Sta sognando, pensando, immaginando? Noi lo facciamo con lei, ci immedesimiamo in questo ritratto che permette al fruitore di fermarsi e pensare, fantasticare. Quella che viene considerata una chiusura nel genere del ritratto, la mancanza di contatto visivo diretto tra il soggetto e l’osservatore, si trasforma, qui, in un momento di vicinanza quasi catartica.
Opera 13.0053 Acrilico su tela – Febbraio 2013 – dim.60×80 cm
Improvvisazione. Jazz e pittura che si uniscono in un magma incredibile, che discioglie le forme come le note jazz disciolgono i pensieri. Un aspetto del quotidiano di al.to., l’ascolto e la passione per la musica jazz, ha dato il La alla realizzazione di questo dipinto, nato in una giornata in cui Bologna era cristallizzata dalla neve. I corpi e le vite bloccate dalle condizioni meteo, hanno lasciato che l’ispirazione prendesse il sopravvento. I colori hanno avvolto, con delle forme che ricordano la spirale, i due musicisti, il trombettista e il pianista, in cui, più che la loro individuazione fisiognomica, ciò che arriva a noi è l’onda sonora che tutto avvolge, come l’uso di colori caldi ma vitali. Un po’ di jazz sotto la neve trascina il nostro immaginario in un disco, ad un concerto e permette all’arte di compiere il proprio prodigio: allontanarci, per un attimo, dalla routine, tramite un’operazione sinestetica naturale.
Opera 13.0077 Acrilico su tela – Ottobre 2013 – dim.60×80 cm
La Visione privilegiata di fronte alla quale al.to. ci pone, è espressa dalla potenza del colore che sulla tela prende forma prima della linea. Non c’è da rincorrere un riconoscimento, seppure ciò è sempre possibile, attraverso un gioco di rimandi, parallelismi che si legano ad altre opere dell’autore. Un micro mondo si anima su questa tela: per chi ritrova i segni di un volto, varie possono essere le sensazioni suscitate, ma è l’animo che mette in scena il proprio immaginario. A chi appartiene la visione privilegiata? Allo sguardo che si nasconde tra le pennellate, all’occhio di al.to. o al nostro?
Opera 11.0009 Olio su tela – novembre 2011 – dim.100×70 cm
L’elemento ludico è sempre presente in al.to., così come quello dell’accadimento istantaneo che prende forma. Unico movimento nasce così: lo scorrere del dito sullo schermo dell’iPad ha determinato questa forma che, se si riprende con la propria mano, porterà ad un fluire della linea unica che non tocca mai un punto precedente. Un piccolo rompicapo, che svela l’anima giocosa dell’arte, della pittura votata al piacere sensoriale e che mette in primo piano la voglia di “partecipare” dell’osservatore. Naturalmente, anche per questo dipinto, il fattore colore resta protagonista assoluto, come l’esuberanza che ne deriva.
Opera 14.00xx Acrilico su tela – febbraio 2014 – dim.100×150 cm
Colore, forma, istinto. Nell’opera Ti odio (canvas) il dinamismo e l’esuberanza dell’inconscio sono il territorio su cui l’artista si è mosso. O meglio, questo dipinto è nato secondo una forma espressiva irrefrenabile, incontrollabile. L’inizio della fase pittorica, coincisa da subito con un rifiuto del risultato, da parte dell’artista, si è tramutato in qualcosa che ha trascinato, invece, al.to. a continuare a dipingere. Non c’era nulla di razionale che potesse fermare il flusso di (in)coscienza che dall’anima arrivava a far prendere corpo ai colori sulla tela. Una battaglia tra conscio ed inconscio che, quest’ultimo ha vinto. La pittura si è trasformata prontamente nel veicolo di emozioni profonde e tale forza giunge a noi diretta.
Acrilico su tela – novembre 2013 – dim.100×60 cm
Lo sperimentalismo che attraversa tutta la pittura di al.to. compare in questa opera e in quello che potrebbe essere definito il Trittico degli antichi colori, formato da questo dipinto e i due successivi. A prender vita qui sono luoghi definiti e riconoscibili, seppur ripresi dalla personale visione mutuata da emozione e ricordo dell’artista. Teatro Massimo è uno spaccato dell’arena di Pescara che reca in sé la forza del colore, a cui basta la presenza di un cilindro per evocare l’aspetto umano e anche quello metaforico, che vede il teatro e la magia unirsi al fine di inscenare fantasie. L’aspetto di una sorta di tridimensionalità ci pone realisticamente dinanzi all’elemento architettonico che, nonostante sia inabitato, ci attrae ed invita a prender posto.
Opera 13.0064 – Acrilico su tela – giugno 2013 – dim. 60×80 cm
L’Aquilone: la ricerca di al.to. che si sviluppa anche secondo le strade del colore, trova ne L’aquilone una delle sue massime espressioni, in cui ciò che è reso tramite le nuances di azzurro fuso con tinte più calde, è protagonista. La spatola, non il pennello, hanno dato forma immaginaria a quello che potrebbe essere un bimbo (o un adulto, chi lo vieta?) che fa volare il proprio aquilone. Senso della ricerca di una libertà estrema, che spazia in una forma non definita ma lascia a noi la prerogativa di uscire dalla tela e, senza ricercare profili troppo noti, affidarci alle immagini interiori ed ai desideri inconsci.
Opera 11.0001 Olio su tela – Settembre 2011 – dim.50×70 cm
L’angolo dei desideri non è un posto chiuso, ristretto nelle nostre anime, buio, celato o pronto ad esser surclassato dal resto. E’ un luogo vivo, ampio, pulsante che, molte volte, ci spinge ad avviare un percorso all’interno della nostra vita e che, se aiutati dalla regia del Caso, del Destino, diventa la fucina della nostra vita. Il dipinto di al.to. titolato proprio L’angolo dei desideri, rivela tutta la potenzialità ideologica e concettuale che sta dietro ad un desiderio, sia da un punto di vista formale che dall’ambito personale da cui esso deriva. Il quadro in questione è stato realizzato nel settembre 2011 e segna il ritorno alla pittura di Alfredo Torsello, dopo più di trenta anni. Abbandonata la pittura negli anni dell’adolescenza, un viaggio a Madrid fa riemergere la passione e la necessità di espressione attraverso il medium pittorico. E’ il primo quadro della seconda parte del percorso d’artista ed è, infatti, firmato Manfredi, uno dei suoi nomi, quello con cui la famiglia e il suo Salento lo riconoscono, e, per questo motivo, è un unicum. La filiazione di questa opera è, come accadrà anche per altri lavori, una foto. al.to. ha ripreso in un attimo particolare la sua donna e musa, Paola, all’interno del Museo Reina Sofia e ha poi idealizzato e trasposto quella immagine su tela. Tuttavia, questo quadro è uno scrigno di metafore. Mette in scena, come afferma lo stesso autore, “la possibilità di varcare una soglia per passare alla scoperta di un mondo che, magari, fino ad allora si era solo osservato dalla soglia senza mai varcarla… nella sua staticità, il dipinto prelude ad una azione dinamica in avanti e non una stasi nella posizione o un indietreggiare.” Inoltre, fa coincidere la ripresa a dipingere con l’idea dell’object trouvé di Marcel Duchamp che, si può notare nell’artificio architettonico della doppia apertura parietale del museo madrileno che somiglia, concettualmente, alla Porte: 11, Rue Larrey, ossia quell’anta lignea che l’artista francese usò per dividere 3 ambienti e incardinando la porta ad un unico angolo, cosicché all’apertura di uno spazio, ne risultassero chiusi gli altri e viceversa. Accadde, però, che, l’idea di Duchamp rivelò, invece, oltre l’anticonvenzionalità, anche quella di confine rituale e soglia simbolica tra un non chiuso e un non aperto. Non è forse questo il luogo deputato ai desideri? Una sorta di limbo, in cui l’idea e l’azione sono ancora sospesi, ma al sicuro. Il parallelismo con l’opera di Duchamp, tuttavia, non era né cercato né voluto, ma emerso solo mesi dopo la realizzazione del quadro di al.to. Molto è accaduto dopo questa opera: Alfredo Torsello ha smesso i panni (artistici) di Manfredi e ha dedicato sé stesso all’arte con una nuova visione, trasformandosi in al.to., permettendo a tutta la sua pirandelliana e poliedrica personalità di arricchire la portata espressiva. Paola , idealizzata in questa opera, dipinta di rosso, uno dei colori chiave della produzione di al.to., ha preso sempre più spazio sulle tele dell’artista, confermandosi una delle maggiori fonti di ispirazione per lui. E forse, in questo dipinto, in nuce era già presente il futuro: l’atto di sbirciare della figura alla porta, senza paura, può essere interpretato come un insieme di desideri da esaudire che, poi, pian piano hanno avuto riscontro nella realtà.
Opera 13.0065 Acrilico su carta – giugno 2013 – dim.46×31 cm
La Terrazza è di al.to. è un luogo che offre una visione privilegiata, un luogo architettonico che rimanda alla vita da ingegnere dell’artista. La visione privilegiata è quella che formalmente deriva da uno spazio posto ad una sommità, che amplia la propria visuale sul panorama e sul (proprio) mondo; oltre che favorita, diventa, dunque, visione intima. Lo spazio è qui razionalizzato e reso essenziale, attraverso un gioco di linee che percorrono forme note e rimandano a strutture antiche, che sono le radici della nostra cultura.
Possono essere i portici bolognesi, città in cui vive al.to., ma anche arcate romane, borboniche, che pongono lo sguardo dinanzi ad un forte attaccamento per la nostra storia. Quel portico, peraltro, appare volutamente stilizzato, intuibile più che riconoscibile, perché deve seguire l’immaginario del fruitore, affinché egli possa cercare ed percepire qualcosa di proprio. Le geometrie perfette che, inizialmente stavano prendendo piede, hanno, poi, come spesso accade nelle opere di al.to., lasciato spazio a forme surreali e immaginarie dell’istinto. Questa, infatti, è innanzitutto una terrazza immaginata, filiazione di una piccola opera su carta, ripensata in parte, in cui, però, il concetto alla base resta il medesimo.
Tramite l’uso e la forza dei colori primari ci si interroga su due cose: quanto sarà alta questa terrazza su cui la ringhiera ci protegge? Quanto è lontano e pericoloso il mondo là fuori? Da questa posizione privilegiata ci sentiamo al sicuro e anche superbamente padroni del nostro destino. Basta spostare lo sguardo a sinistra per vedere che dal grande portale, irradiato da una forte luce, non c’è una base sicura con cui scendere, ci tocca, con coraggio, compiere il salto nel vuoto e rischiare, ma vivere. La geometria che si muove tra la lezione surrealista e soprattutto metafisica, si nutre qui di luci e ombre, in un dualismo equilibrato che non lascia spazio al superfluo.
Opera 13.0075 Acrilico su tela – ottobre 2013 – dim.40×100 cm
Shadow, terza opera del Trittico degli antichi colori, è un ossimoro in essere. Questo dipinto nasce da un gioco di luci del quotidiano: l’ombra di una ringhiera, riflessa su una tela poggiata a terra nella casa dell’artista, prende vita. Pochi istanti, poche pennellate a rendere una forma geometrica impressa dal colore ben lontana dall’idea di ombra. Quella che viene considerata la “parte buia” assume, al contrario tutta la vitalità opposta, apportata dalla forza del colore rosso, che per al.to. è veicolo di energia per antonomasia.