Opera 13.0053 Acrilico su tela – Febbraio 2013 – dim.60×80 cm
Improvvisazione. Jazz e pittura che si uniscono in un magma incredibile, che discioglie le forme come le note jazz disciolgono i pensieri. Un aspetto del quotidiano di al.to., l’ascolto e la passione per la musica jazz, ha dato il La alla realizzazione di questo dipinto, nato in una giornata in cui Bologna era cristallizzata dalla neve. I corpi e le vite bloccate dalle condizioni meteo, hanno lasciato che l’ispirazione prendesse il sopravvento. I colori hanno avvolto, con delle forme che ricordano la spirale, i due musicisti, il trombettista e il pianista, in cui, più che la loro individuazione fisiognomica, ciò che arriva a noi è l’onda sonora che tutto avvolge, come l’uso di colori caldi ma vitali. Un po’ di jazz sotto la neve trascina il nostro immaginario in un disco, ad un concerto e permette all’arte di compiere il proprio prodigio: allontanarci, per un attimo, dalla routine, tramite un’operazione sinestetica naturale.
Opera 13.0077 Acrilico su tela – Ottobre 2013 – dim.60×80 cm
La Visione privilegiata di fronte alla quale al.to. ci pone, è espressa dalla potenza del colore che sulla tela prende forma prima della linea. Non c’è da rincorrere un riconoscimento, seppure ciò è sempre possibile, attraverso un gioco di rimandi, parallelismi che si legano ad altre opere dell’autore. Un micro mondo si anima su questa tela: per chi ritrova i segni di un volto, varie possono essere le sensazioni suscitate, ma è l’animo che mette in scena il proprio immaginario. A chi appartiene la visione privilegiata? Allo sguardo che si nasconde tra le pennellate, all’occhio di al.to. o al nostro?
Opera 14.00xx Acrilico su tela – febbraio 2014 – dim.100×150 cm
Colore, forma, istinto. Nell’opera Ti odio (canvas) il dinamismo e l’esuberanza dell’inconscio sono il territorio su cui l’artista si è mosso. O meglio, questo dipinto è nato secondo una forma espressiva irrefrenabile, incontrollabile. L’inizio della fase pittorica, coincisa da subito con un rifiuto del risultato, da parte dell’artista, si è tramutato in qualcosa che ha trascinato, invece, al.to. a continuare a dipingere. Non c’era nulla di razionale che potesse fermare il flusso di (in)coscienza che dall’anima arrivava a far prendere corpo ai colori sulla tela. Una battaglia tra conscio ed inconscio che, quest’ultimo ha vinto. La pittura si è trasformata prontamente nel veicolo di emozioni profonde e tale forza giunge a noi diretta.
Acrilico su tela – novembre 2013 – dim.100×60 cm
Lo sperimentalismo che attraversa tutta la pittura di al.to. compare in questa opera e in quello che potrebbe essere definito il Trittico degli antichi colori, formato da questo dipinto e i due successivi. A prender vita qui sono luoghi definiti e riconoscibili, seppur ripresi dalla personale visione mutuata da emozione e ricordo dell’artista. Teatro Massimo è uno spaccato dell’arena di Pescara che reca in sé la forza del colore, a cui basta la presenza di un cilindro per evocare l’aspetto umano e anche quello metaforico, che vede il teatro e la magia unirsi al fine di inscenare fantasie. L’aspetto di una sorta di tridimensionalità ci pone realisticamente dinanzi all’elemento architettonico che, nonostante sia inabitato, ci attrae ed invita a prender posto.
Opera 13.0064 – Acrilico su tela – giugno 2013 – dim. 60×80 cm
L’Aquilone: la ricerca di al.to. che si sviluppa anche secondo le strade del colore, trova ne L’aquilone una delle sue massime espressioni, in cui ciò che è reso tramite le nuances di azzurro fuso con tinte più calde, è protagonista. La spatola, non il pennello, hanno dato forma immaginaria a quello che potrebbe essere un bimbo (o un adulto, chi lo vieta?) che fa volare il proprio aquilone. Senso della ricerca di una libertà estrema, che spazia in una forma non definita ma lascia a noi la prerogativa di uscire dalla tela e, senza ricercare profili troppo noti, affidarci alle immagini interiori ed ai desideri inconsci.
Opera 13.0065 Acrilico su carta – giugno 2013 – dim.46×31 cm
La Terrazza è di al.to. è un luogo che offre una visione privilegiata, un luogo architettonico che rimanda alla vita da ingegnere dell’artista. La visione privilegiata è quella che formalmente deriva da uno spazio posto ad una sommità, che amplia la propria visuale sul panorama e sul (proprio) mondo; oltre che favorita, diventa, dunque, visione intima. Lo spazio è qui razionalizzato e reso essenziale, attraverso un gioco di linee che percorrono forme note e rimandano a strutture antiche, che sono le radici della nostra cultura.
Possono essere i portici bolognesi, città in cui vive al.to., ma anche arcate romane, borboniche, che pongono lo sguardo dinanzi ad un forte attaccamento per la nostra storia. Quel portico, peraltro, appare volutamente stilizzato, intuibile più che riconoscibile, perché deve seguire l’immaginario del fruitore, affinché egli possa cercare ed percepire qualcosa di proprio. Le geometrie perfette che, inizialmente stavano prendendo piede, hanno, poi, come spesso accade nelle opere di al.to., lasciato spazio a forme surreali e immaginarie dell’istinto. Questa, infatti, è innanzitutto una terrazza immaginata, filiazione di una piccola opera su carta, ripensata in parte, in cui, però, il concetto alla base resta il medesimo.
Tramite l’uso e la forza dei colori primari ci si interroga su due cose: quanto sarà alta questa terrazza su cui la ringhiera ci protegge? Quanto è lontano e pericoloso il mondo là fuori? Da questa posizione privilegiata ci sentiamo al sicuro e anche superbamente padroni del nostro destino. Basta spostare lo sguardo a sinistra per vedere che dal grande portale, irradiato da una forte luce, non c’è una base sicura con cui scendere, ci tocca, con coraggio, compiere il salto nel vuoto e rischiare, ma vivere. La geometria che si muove tra la lezione surrealista e soprattutto metafisica, si nutre qui di luci e ombre, in un dualismo equilibrato che non lascia spazio al superfluo.
Opera 13.0075 Acrilico su tela – ottobre 2013 – dim.40×100 cm
Shadow, terza opera del Trittico degli antichi colori, è un ossimoro in essere. Questo dipinto nasce da un gioco di luci del quotidiano: l’ombra di una ringhiera, riflessa su una tela poggiata a terra nella casa dell’artista, prende vita. Pochi istanti, poche pennellate a rendere una forma geometrica impressa dal colore ben lontana dall’idea di ombra. Quella che viene considerata la “parte buia” assume, al contrario tutta la vitalità opposta, apportata dalla forza del colore rosso, che per al.to. è veicolo di energia per antonomasia.
Opera 13.0078 Acrilico su tela – ottobre 2013 – dim.40×100 cm
La seconda opera del Trittico degli antichi colori, Ambasciatori, riprende in forma di astrazione un luogo simbolo della nuova cultura bolognese, la Libreria Coop Ambasciatori, sorta negli spazi di uno storico cinema del centro storico. L’anima dell’ingegnere Alfredo Torsello sovrasta, di qualche scalino, è proprio il caso, quella del pittore al.to. tanto che in un tripudio di libri e scaffali ciò che è rimasto impresso sulla tela è una parte della grande scala presente nell’edificio ristrutturato. Gli antichi colori, grigio, rosso e bianco, svolgono doppia funzione: considerati i soli autonomi nel Medioevo sono qui riattualizzati in un contesto assolutamente contemporaneo. Ed è ancora la tensione verso l’al.to della spirale, del serpente, della linea che qui si tramuta nell’oggetto scala
Opera 13.0070 – – Acrilico su tela – agosto 2013 – dim. 70×50 cm
Istinto, colore e caso, sono i veri soggetti di questa opera, che ha un’epifania molto singolare. Una tela e dei colori di bassa qualità acquistati in vacanza, un pomeriggio in compagnia della famiglia e un discorso intrapreso tra al.to. e sua sorella che nulla aveva a che fare con l’arte; sul tavolo questo supporto su cui il pennello e dei colori mal gestibili, intanto, davano forma ad un pensiero al.t(r)o. rispetto a quanto nella cucina salentina stava accadendo. Il pennello ed il colore scivolavano secondo una direzione che avrebbe dato forma solo all’istinto primigenio dell’artista, nulla di prestabilito. Terminato il tempo di un caffè, sulla tela si erano delineate queste forme geometriche, indistinte o definite da una sorta di non-finito. Il tutto si era compiuto, fin quando, la sorella dell’artista, non ha visto in queste forme un parallelo con l’immagine che creano gli sbandieratori che lasciano volteggiare i loro colorati drappi. Nasce così Sbandieratori, un’opera che si potrebbe definire collettiva in senso lato.